Storia della frittata
Come ci hanno raccontato nel loro libro “Storia dell’alimentazione”, Massimo Montanari e Jean-Louis Flandrin, storico francese ed uno dei fondatori della rivista internazionale “Food & Foodway” morto nel 2001, la frittata è uno delle ricette più antiche della storia, arrivata in Europa grazie agli Arabi.
Nella cultura orientale era molto in voga un piatto, il “tirrîkh”, in cui questo piccolo pesce di lago veniva tritato e mescolato alle uova.
Una ricetta che fece subito presa tra i cuochi della Roma antica, che rimasero affascinati da questo composto di uova, imparandolo a preparare, aggiungendo asparagi, lattuga o fiori di sambuco, come, nel I° secolo d.c., ci descrive Apicio nel suo “De re coquinaria”.
Infatti colui che viene considerato a tutti gli effetti come il primo gastronomo della storia, nel suo famoso ricettario, inserì la frittata nel capitolo chiamato “Pandette”, un termine greco che significa “contenitore di ogni cosa”, proponendone anche una versione dolce con latte e miele. La chiamò così da “frixtura”, ovvero “friggere”, in quanto veniva preparata sbattendo le uova e friggendole in padella, un composto che aveva una particolarità: veniva girato solo una volta cotto.
Da Roma in breve tempo la ricetta si diffuse nelle altre regioni dell’Impero dove fu reinterpretata e da cui sono poi nati, con le dovute differenze, gli odierni piatti nazionali francesi e spagnoli, l’omelette e il revueltos.
La prima si differenzia dalla nostra frittata, perché è più cremosa, viene cotta solo da un lato, servita piegata in due parti e solo in quel momento, farcita con vari ingredienti; nel revueltos invece le uova vengono strapazzate e mescolate insieme a verdure, pesci od a salumi a seconda dei gusti.
Ma non solo Francia e Spagna hanno creato un loro modo di preparare la frittata, in Inghilterra sono tipiche le uova strapazzate mentre in Austria e Germania viene realizzata a forma di tagliatelle e servita in brodo.
Nel corso della storia ci sono state anche delle frittate celebri come quella preparata nel 1535, presso la Certosa di Padula, in provincia di Salerno, che è servita a sfamare Carlo V e il suo esercito di ritorno dalle fatiche della battaglia di Tunisi, un episodio che ancora oggi viene festeggiato ogni 10 agosto a Salerno.
Oppure c’è la leggenda della “Frittata del Crocifisso” che vede come protagonisti due grandi scultori del Rinascimento, Donatello e Brunelleschi, con il secondo che, critico nei confronti della scultura del primo che rappresentava il Gesù crocifisso, venne sfidato a fare meglio di lui.
La leggenda narra che quando ultimò la sua scultura, Brunelleschi invitò nel suo studio Donatello a dare un giudizio sulla sua opera: quest’ultimo, che aveva appena fatto la spesa per il pranzo, rimase talmente a bocca aperta dalla bellezza del crocifisso, che fece cadere le uova e le cipolle che aveva comprato e da questo episodio nacque la cosiddetta “frittata del Crocifisso”, che ancora oggi viene cucinata in diverse regioni del centro Italia.
Infine, per chi volesse andarci, a questa golosa e “democratica” preparazione, in quanto si può abbinare a qualunque altro ingrediente, è dedicata anche una sagra che quest’anno, nell’ultimo week end di maggio, ha festeggiato la sua 41^ edizione.
Viene organizzata a Montaquila in provincia di Isernia nell’Alta Valle del Volturno ed è una celebrazione della primavera ma soprattutto un modo per rievocare le tradizioni di un tempo e gli usi ed i costumi della cultura rurale.
In tale occasione, chef e volontari di questo piccolo comune preparano una maxi frittata che viene fatta sfilare per le vie di Montaquila da alcuni abitanti del paese vestiti in abiti tradizionali e che ogni anno ha la particolarità di ingrandirsi sempre di più: la ricetta, che nel 2019 è stata anche registrata con il marchio De.Co, nel 2024 è stata realizzata con 1985 uova e ci sono voluti ben 8 ore di cottura prima di poterla vedere finita.
Che vino abbinare alla frittata
Il vino da abbinare ad una frittata dipende da come questa viene farcita, perché più gli ingredienti che aggiungiamo alle uova sono ricchi di sapore, più il vino può essere strutturato e corposo, quindi con una frittata di maccheroni o farcita di cipolle va bene anche un rosso mentre se la frittata la serviamo come aperitivo o brunch, possiamo accompagnarla con un buon prosecco o vino bianco con bollicine.
Per queste mie frittatine ai pomodori secchi, timo e pecorino, la mia amica Sandra Ianni, storica della gastronomia e sommelier, mi consiglia un vino bianco leggero, secco e dotato di buona acidità, come, per esempio, l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone.
E’ un vino dalla grande storia e una parte del suo nome prende spunto proprio da un fatto storico realmente accaduto.
Si narra, infatti, che, intorno al 1111, un certo Martino, coppiere del vescovo Johannes Defuk, grande buongustaio dell’epoca, che si dirigeva a Roma al seguito di Enrico V di Germania per l’incoronazione ad imperatore del Sacro Romano Impero, aveva il compito di individuare, prima del loro arrivo, le locande che servivano il vino migliore.
Per segnalarle, doveva scrivere “est” ossia c’è, vicino alla porta di tutte quelle che trovava: arrivato a Montefiascone, sul lago di Bolsena, questo Martino fu talmente colpito dalla qualità del vino locale, che scrisse sulla porta della locanda EST ripetendolo per tre volte e ognuno accompagnato da altrettanti punti esclamativi.
Ti propongo quindi, soprattutto se vuoi servire queste frittatine come secondo piatto, l’interpretazione di questo celebre vino da parte della Cantina Stefanoni di Montefiascone (VT).
Più precisamente si tratta del vino Campolongo EST! EST!! EST!!! di Montefiascone Doc, dell’anno 2023.
Ottenuto da un blend di vitigni, 55% Trebbiano, 30% Malvasia e 15% Rossetto, un Trebbiano giallo, è un vino dal colore giallo paglierino che viene vinificato in acciaio e che al naso presenta dei profumi persistenti ed eleganti con rimandi di frutta gialla mentre al palato è fresco ed elegante.
La temperatura di servizio consigliata è 8-10°C mentre il costo è intorno agli 8 €.
In alternativa ti posso suggerire un altro vino di grande bevibilità, il Colli Piacentini Ortrugo doc frizzante della cantina Torre Fornello di Ziano Piacentino (PC).
E’ un vino che si ottiene da uve di Ortrugo al 100%, un vitigno autoctono che viene coltivato esclusivamente sui Colli Piacentini: dal colore giallo paglierino con riflessi verdolini, la sua versione frizzante presenta delle bollicine fini ed evanescenti, un profilo olfattivo delicato e caratteristico ed al palato risulta fresco e piacevole.
Costo circa 12 €.